Quando la febbre cura il cancro

I tumori talvolta regrediscono. Si grida al miracolo, ma spesso una ragione scientifica esiste. Riuscire a conoscerla ci potrebbe aiutare a trovare nuove strategie per combattere il tumore. E la febbre, in questo contento di guarigioni dal tumore, ha un ruolo di primo piano. Amelia Beltramini



Non usare gli antipiretici per ridurre
 la febbre potrebbe avere un effetto
 preventivo anche nei confronti
 dei tumori.
 Quando si verificano fenomeni che ancora non sappiamo spiegare si grida al miracolo. Uno di questi fenomeni è per esempio quello delle guarigioni spontanee. E le guarigioni spontanee da mali cosiddetti “incurabili” sono considerate ancora più miracolose. Eppure in molti casi la spiegazione sembra esserci.
Le prime segnalazioni di guarigioni spontanee da tumori risalgono al 1918, ma le più recenti sono comparse su riviste accreditate e Uwe Hobohm, docente di bioinformatica alla Giessen Universität, in Germania, studiando la casistica pubblicata finora sulle riviste scientifiche, ha calcolato che negli ultimi 40 anni si siano verificati mediamente 12-24 casi l’anno di regressioni temporanee durate mediamente più di 5 anni o addirittura di guarigioni inspiegabili.

Pochi casi, ma importanti
Certo in alcuni casi probabilmente si trattava di diagnosi errate: non erano tumori. Ma questo riguarda prevalentemente i casi dei primi anni del secolo scorso. Ma le ultime revisioni, fatte nel 1990, si basano su esami istologici confermati, e in base a questi dati Hobohm calcola circa da 1 a 10 remissioni spontanee ogni milione di casi di tumore. Non sono tante, ma forse se si riuscisse a spiegarle si potrebbero avere idee nuove per la ricerca di nuove terapie.
Secondo alcuni per esempio sarebbero importanti le influenze ormonali, in altri casi potrebbe essere entrato in gioco il sistema immunitario. Ma, nonostante gli sforzi degli ultimi decenni, non siamo ancora giunti a una spiegazione della regressione spontanea nell’uomo e negli animali scrive per esempio nel 2003 sulla rivista scientifica Pnas un gruppo di ricercatori del Cancer center della Wake Forest University di Winston Salem nella Carolina settentrionale.

Il ruolo del sistema immunitario
Ci sono però alcuni fattori che sembrano essere particolarmente interessanti. Le cellule tumorali derivano dalle cellule sane del paziente, e quindi per il sistema immunitario sono “self”, non estranei da combattere. In altre parole il sistema immunitario è tollerante nei loro confronti e molte di queste guarigioni potrebbero essere spiegate se si riuscisse a dimostrare che qualcosa ha reso intollerante il sistema immunitario. Molta ricerca contemporanea punta a svegliare il sistema immunitario contro i tumori, ma finora i risultati ottenuti sono stati solo di parziale risveglio, di brevi regressioni.

Ma... se c'è la febbre…
Il primo ricercatore che segnalò queste regressioni spontanee (era il 1918) scrisse allora che «il maggior numero di regressioni spontanee si sono verificate dopo la rimozione chirurgica incompleta della massa tumorale; subito dopo - in frequenza - ci sono i casi di remissione dopo febbri acute».
La causa più importante della febbre erano le infezioni, vuoi l’erisipela, una forma di infezione acuta della pelle, ma anche vaiolo, polmonite, malaria e la tubercolosi in fase acuta.

Arriva la radioterapia… e la "febbre-terapia" viene accantonata
Non a caso a partire dal 1868 si indussero infezioni in pazienti tumorali e in alcuni casi si ottennero regressioni radicali con lo Streptococcus pyogenes, il batterio responsabile dell’erisipela, chiamato poi tossina di Coley, da Wiliam Coley, il ricercatore americano che nel 19° secolo sistematizzò questo tipo di terapia facendo regredire un numero consistente di tumori allora considerati inoperabili.
Poi fu scoperta l’azione della radioterapia e la terapia di Coley fu accantonata anche perché non ben standardizzata (non si sapeva come preparare la “tossina”, quanta iniettarne, dove, quante volte ecc).
Oggi, a una analisi delle pubblicazioni di Coley sembra che ci sia una stretta correlazione fra la concentrazione della preparazione, l’elevazione della febbre e la durata della terapia e il tasso di remissione.
Ma in alcuni casi i risultati erano strabilianti: se le iniezioni di batterio venivano protratte per 6 mesi, l’80% dei pazienti con sarcomi inoperabili che venivano così trattati sopravviveva da 5 a 88 anni!

Nuove ricerche
Questi esperimenti sono stati ripresi anche recentemente, ma nessuno ha osservato la correlazione fra l’entità della febbre e il risultato. I pochi studi che hanno scatenato una febbre elevata (40 °C) per parecchie settimane sono quelli che sembrano aver avuto i risultati migliori quanto a remissione.
Insomma, è come se la febbre avesse la capacità di guarire anche queste patologie. Le cellule tumorali infatti sono più sensibili al calore delle cellule sane. E infine la febbre sembra generare un segnale che le cellule del sistema immunitario. Non a caso la terapia immunologica dei tumori usa oggi le citochine pyrogeniche, le stesse citochine fuochiste che inducono il rialzo termico. Sono le interleukine 1 e 6, i fattori di necrosi tumorale, l’inteferone alfa e altre.
Se così stanno le cose, non usare gli antipiretici per ridurre la febbre potrebbe avere un effetto preventivo anche nei confronti dei tumori.

Fonte

Lasciate pure un commento!