MILANO - Nel cosmo scorrono fiumi talvolta impetuosi di raggi cosmici formati da nuclei atomici e protoni. Anche se gli astronomi hanno un’idea di come nascano e in che modo siano accelerati, sono ancora a caccia delle prove definitive. Un passo interessante è stato compiuto in questa direzione da un imponente gruppo di ricercatori americani, canadesi e irlandesi distribuiti addirittura in 25 istituzioni riunite nella collaborazione Veritas (Very Energetic Radiation Imaging Telescope Array System). E già questo dato offre la misura della complicazione del problema. Ma il risultato c’è stato ed è stato raccontato sulla rivista Nature.
Il soggetto che lo ha permesso è la galassia molto brillante M82 distante circa 12 milioni di anni luce dalla Terra nella direzione della costellazione dell’Orsa Maggiore. Questa galassia ha già di per sé una storia interessante perché per centinaia di milioni di anni ha interagito gravitazionalmente con le isole stellari del circondario, tra le quali c’è anche la famosa galassia a spirale M81. La continua interazione con i vicini, però, ha deformato la M82 creando nel suo cuore una zona molto attiva dove nascono stelle a profusione. E proprio da qui si è visto che arriva un fiume di raggi cosmici ben più intenso, ben 500 volte più elevato rispetto al flusso medio che si misura nella nostra galassia Via Lattea.
«Dunque – spiega Andrea Cesarini che con Victor Abelardo Acciari e Nicola Galante sono gli unici italiani del gruppo a condividere l’impresa – c’è un legame indiscusso tra la generazione di nuovi astri e i raggi cosmici. Finora si sapeva in generale come questi vengono poi accelerati. Le osservazioni su M82 forniscono una stima indipendente sulla densità dei raggi cosmici che pone nuovi vincoli sui modelli di emissione tra la banda radio e il lontano infrarosso». E questo è molto importante per le conseguenze, perché significa conoscere elementi preziosi per spiegare tanti altri aspetti della fisica cosmica, buchi neri compresi. Per le osservazioni si è utilizzato un gruppo di quattro telescopi ottici di 12 metri situati nel sud dell’Arizona, che hanno lavorato dal gennaio 2008 all’aprile 2009. Da qui si è compiuto un passo avanti importante nella foresta dei misteri che l’universo trattiene.
tratto da: http://www.corriere.it/
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