Mercurio, pianeta di ferro e di titanio

Lo si era finora ipotizzato ma adesso la sonda Messenger della Nasa lo ha dimostrato



MILANO - Mercurio, pianeta di ferro, e di titanio. Si era finora ipotizzato ma adesso la sonda Messenger della Nasa che lo ha sfiorato da un’altezza di appena 228 chilometri alla fine di settembre lo ha dimostrato attraverso i dati raccolti ed ora elaborati. Il ferro si presenta in una forma rara difficilmente riscontrabile sugli altri pianeti del sistema solare. La scoperta è intrigante per i planetologi ora scatenati nel cercare di spiegare l’origine del pianeta più piccolo e più vicino al Sole con molti record misteriosi. Tra le altre cose si suppone che abbia un cuore di ferro che rappresenta il 60 per cento della massa del pianeta ed ha un campo magnetico.


LE ORIGINI - Inoltre si ritiene che ciò che vediamo oggi di Mercurio sia quanto rimane da uno scontro planetario con un altro corpo celeste che gli ha strappato gli strati più superficiali lasciando prevalere il suo interno ferroso. Mercurio ha un diametro di 4.880 chilometri, cioè è un terzo della Terra e la sua temperatura superficiale oscilla tra 485 gradi sopra lo zero centigradi ai meno 180 gradi centigradi. Tuttavia da alcune osservazioni compiute anche con i radiotelescopi terrestri sembra che nelle zone dove non batte il Sole all’interno dei crateri si sia conservato del ghiaccio d’acqua portato da antiche comete come pare sia accaduto sulla Luna. Inoltre Mercurio ha un’ atmosfera estremamente sottile generata dall’azione dei raggi solari che interagiscono con la superficie e dagli impatti con micrometeoriti. L’incontro ravvicinato della sonda è il terzo di questo tipo organizzato dalla Nasa per modificare la traiettoria del veicolo spaziale e farlo entrare definitivamente in orbita nel 2011.

MARINER - Prima di Messenger soltanto la sonda Mariner 10 nel 1970 aveva sorvolato da vicino Mercurio. In quell’occasione, grazie ai calcoli del meccanico celeste professor.Giuseppe Colombo dell’Università di Padova e allora ricercatore al JPL della Nasa in California, la sonda riuscì a passare per tre volte invece di una vicino al pianeta triplicando il bottino di informazioni scientifiche. Così Colombo, ora scomparso, finì sulle pagine del New York Times . Lo stesso Colombo era uno specialista di Mercurio perché ne spiegò gli esatti movimenti: la sua scoperta venne pubblicata sulla rivista Nature. Adesso l’ESA europea sta costruendo una sonda che volerà a studiare Mercurio e che è stata battezzata «BepiColombo» in riconoscimento delle sue scoperte.

tratto da: http://www.corriere.it/

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