Comete, piccole culle?

La teoria che individua nelle comete le portatrici della vita sulla Terra esiste da molto tempo ed ha sempre sollevato dubbi. Recenti analisi ottenute a seguito della missione Deep Impact sembrano dargli nuovo vigore.
La missione Deep Impact mandò nel 2005 una sonda a colpire la cometa Tempel 1, producendo un profondo cratere e lanciando all’esterno materiale nascosto sotto la superficie. Le prime analisi hanno mostrato qualcosa di particolarmente interessante ed anche inaspettato. Invece di ghiaccio solido, si è notata la presenza di una specie di argilla, che necessita acqua allo stato liquido per formarsi. Questo risultato ha sollevato immediatamente l’interesse dei fautori dell’origine della vita nelle comete, in particolare il Prof. Chandra Wickramasinghe dell’Università di Cardiff.
Insieme ad alcuni colleghi egli ha ipotizzato che, all’origine del sistema solare, le comete potevano contenere acqua allo stato liquido al di sotto della crosta superficiale. Esse infatti sono state investite dal materiale proveniente dall’esplosione di una supernova, in cui doveva essere presente l’alluminio-26, altamente radioattivo ed in grado di riscaldare gli interni cometari e mantenere “mari” sotterranei di acqua liquida per parecchi milioni di anni. Ancora oggi, all’avvicinarsi di una cometa al Sole, le parti interne potrebbero sciogliersi e produrre quella specie di argilla osservata durante la missione Deep Impact.
A questo punto gli ingredienti per la vita ci sarebbero tutti: le molecole organiche complesse, l’acqua allo stato liquido e l’argilla che è considerata un ottimo catalizzatore per produrre composti organici sempre più elaborati. Le comete sarebbero quindi state vere e proprie incubatrici, in cui la vita si sarebbe lentamente sviluppata per essere poi “depositata” sulla Terra. Sicuramente la cosa non è così semplice e le prove non certo decisive. Tuttavia, questi nuovi risultati aprono possibilità altamente suggestive.

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