IL SACRO GRALL



Vuole la tradizione che il Graal sia stato la coppa nella quale Giuseppe d'Arimatea raccolse il sangue di Gesù Cristo crocefisso, ma, secondo un'altra versione sarebbe stato la coppa con cui Gesù celebrò l'ultima cena. In entrambi i casi il significato simbolico non cambia, e nemmeno la derivazione del nome. Il termine Graal, infatti, molto probabilmente deriva dalla lingua provenzale (è proprio nella Provenza che la tradizione graalica si sviluppò intorno al XII secolo), e più precisamente sa "saing rail", ovvero "sangue reale", che divenne poi "Saint Graal", per motivi simbolici oltre che fonetici (secondo altri deriva dal latino gradalis, una sorta di scodella). In senso alchemico, infatti, il Sangue Rosso è il liquido rossastro che si forma nell'alambicco durante l'Opera al Rosso (Le tre fasi della Grande Opera erano rispettivamente: al Nero, Nigredo, al Bianco, Albedo, e infine al Rosso. NdA), e significa che finalmente l'alchimista è riuscito a divenire il Re di se stesso e dell'inganno costituito dal mondo materiale. Dall'insegnamento di Cristo, quindi, prese corpo il simbolo del Graal, la coppa sacra, il vaso della conoscenza, che consente all'uomo di riallacciare il dialogo con Dio. Non a caso è stato scelto il simbolo della coppa, che anche il simbolo della femminilità, la Donna ricettiva, intuitiva, madre di tutta l'umanità e incarnazione di dolcezza, armonia e bellezza; per analogia la Donna simboleggia anche l'anima umana , aperta verso il Sole, che oltre ad essere ovviamente il simbolo maschile per eccellenza, rappresenterebbe anche il Verbo Divino. Si noti che la coppa o il calice sono usati per contenere le ostie dell'Eucarestia, che sono di forma rotonda, come il disco solare. Queste le analogie basilari (meglio non addentrarci troppo a fondo nei meandri dei collegamenti simbolici, rischieremmo di perderci inesorabilmente), e già da qui risulta evidente che l'associazione del Graal a questa o quella coppa è puramente simbolica e non corrispondente a un'identità degli oggetti materiali.Neppure nei racconti più agiografici il Graal riveste il ruolo di una semplice reliquia, ma è il simbolo vivente della Grazia divina. Nella letteratura medievale si parla del Graal come della "fonte di ogni nutrimento", indipendentemente dalla forma che gli si vuole attribuire; in alcuni autori diventa una pietra preziosa, mentre in altri è lo smeraldo che si staccò dalla corona di Lucifero quando l'Arcangelo Michele lo scacciò dai Cieli. Altrettanto varie sono proprio le proprietà del Graal: il rinnovamento della vita, la guarigione dalle malattie, l'illuminazione interiore; ma ciò che è veramente importante è il fatto che il Graal diviene l'emblema della conoscenza, uno strumento dunque per riconquistare il Paradiso perduto; oggetto prezioso e certo non facile da trovare e da possedere, anche perché, non trattandosi di un oggetto fisico (cosa sulla quale molti potrebbero discutere), ma di uno stato di coscienza, la ricerca non deve essere compiuta sul piano della materia, ma su quello spirituale. Il Graal è inoltre un simbolo di Amore, il grande dono fatto all'umanità dal Cristo, per aiutarla a ritrovare la perduta via del cielo. L'associazione simbolica tra il Graal e la Parola Perduta si collega all'identificazione del Cristo con il Verbo divino. Certamente Giuseppe d'Arimatea, membro del gruppo degli Esseni, cui anche Giovanni Battista e Gesù stesso appartenevano, possedeva appieno la conoscenza insita nel Graal. Tradizione vuole che egli, raccolto il Graal, sia approdato sulle rive dell'Europa, e che qui abbia portato il Sacro calice attraverso la Francia fino in Inghilterra, a Glasntonbury. È qui che si lega alle vicende di Re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda.Quali che siano le origini e i termini in cui la storia del Graal viene narrata, il punto fondamentale da tener presente è che il Graal è il simbolo dietro cui si nasconde una realtà immateriale, non un oggetto. Si può osservare che i diversi autori lo hanno rappresentato come un oggetto quanto mai prezioso: chi scriveva per un pubblico cristiano lo descriveva come la coppa in cui fu raccolto il sangue di Cristo, chi si rivolgeva a popolazioni celtiche lo identificava con il paiolo del dio Bram, chi infine parlava ai filosofi ermetici e alchimisti lo definiva una "pietra". L'elemento comune a tutte queste descrizioni è l'assoluta preziosità: un patrimonio di conoscenze, una ricchezza, un cibo, grazie al quale è possibile restaurare il Bene dell'Umanità.

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