Il nucleare per ridurre le emissioni di Co2?

Entro il 2050 un terzo dell'energia elettrica potrebbe essere prodotta da impianti nucleari. Secondo la Nuclear Energy Tecnology Roadmap pubblicata recentemente dalla IEA (International Energy Agency) e dalla NEA (Nuclerar Energy Agency), l'obiettivo è “ambizioso ma realizzabile” e sarebbe utile al fine di ridurre la produzione di anidride carbonica immessa nell'atmosfera.


Nel mondo sono in funzione attualmente poco più di 440 reattori nucleari, in grado di produrre quasi il 14% del fabbisogno totale di energia. Tale fabbisogno è in continua crescita, soprattutto per l’avanzata dei paesi in via di sviluppo. L’impatto dell’uso dei combustibili responsabili di emissioni di anidride carbonica, è notevole e concorre in massima parte all’inquinamento, con risvolti importanti anche sui cambiamenti climatici.

Su questi temi, si svolge da molti anni un complesso dibattito e numerosi sono gli scenari aperti a livello globale. Alle legittime esigenze di sviluppo economico e industriale, si contrappongono questioni molto discusse e che implicano necessariamente problematiche legate agli equilibri geopolitici.

Tali questioni spiegano il chiaro riferimento da parte dalla Roadmap, al pre-requisito fondamentale per raggiungere l'obiettivo, che risiede in una strategia energetica globale e un chiaro e stabile impegno da parte degli stati, con il nesso preciso alla volontà politica e al consenso sociale. Alcuni paesi, specie fra quelli che stanno vivendo un potente sviluppo economico e industriale, investono molto sul nucleare (ad es. India e Cina); altri pur avendo sul proprio territorio centrali nucleari, hanno più o meno recentemente, deciso di non costruirne di nuove; altri ancora non hanno alcuna centrale.
L’Italia, in seguito ai risultati dei referendum popolari del 1987 attraverso i quali la comunità nazionale ha espresso la propria contrarietà al nucleare con percentuali superiori al 70%, ha dovuto rinunciare a questo tipo di produzione. L'energia necessaria è in parte prodotta con altre fonti, e in parte acquistata sotto forma di energia elettrica (ad es. dalla Francia e dalla Svizzera) oppure sotto forma di combustibile (ad es. petrolio dal Medio Oriente o gas dall’Africa o dalla Russia).

La dismissione delle quattro centrali nucleari ha inoltre innescato la necessità di smontare gli impianti (decommissing) con tempi e costi notevoli; i lavori sono stati affidati alla Sogin SpA, la cui opera viene sovvenzionata attraverso la componente 'A2'che ciascun utente paga con la propria bolletta Enel.

L’attuale Governo ha deciso di riproporre la costruzione di un numero imprecisato di centrali sul territorio nazionale, con modalità che stanno trovando una vasta opposizione da parte delle Regioni e di una parte dell’opinione pubblica. Lo scudo a questa politica energetica trova sostegno nei problemi insiti nella produzione di energia atomica.

Se è vero che lo sfruttamento del combustibile nucleare non produce emissioni di anidride carbonica, è anche vero che esso una volta esaurito deve essere trattato e depositato sotto forma di scorie, classificate in almeno tre categorie a seconda del livello di radioattività e pericolosità.

Per questo motivo le scorie necessitano di siti di stoccaggio provvisori e definitivi, le cui caratteristiche progettuali necessarie sono note da molti anni. Su tutto il pianeta tuttavia, di depositi definitivi non ne esiste neanche uno. Altri problemi sono legati alla sicurezza e alla efficienza delle centrali, all’esaurimento già in corso delle risorse mondiali di uranio, alla previsione di un innalzamento dei prezzi, alla conseguente dipendenza dai pochi produttori, ai tempi e ai costi di fabbricazione e di decommissing di ciascuna centrale a fine ciclo di produzione.

tratto da: http://www.nextme.it/

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