A partire da ieri 18 novembre ore 19:00 e per la durata di 24 ore consecutive ben 35 radiotelescopi in tutto il mondo "saranno collegati tra loro", effettueranno cioè osservazioni congiunte in quella che si chiama "Very Large Astrometry Session" organizzata dall'International VLBI Service for Geodesy and Astrometry.
L'obiettivo scientifico è quello di misurare con la più alta precisione possibile la posizione di 295 radiosorgenti facenti parte della seconda versione del catalogo del Sistema di Riferimento Celeste Internazionale (ICRF2, International Celestial Reference Frame) recentemente adottato (vedi immagine in alto).
Perché? Rispondo con una domanda. Tutti noi conosciamo il GPS, "quell'apparecchietto" che ci dice dove siamo, OK?
Ma chi o cosa dice a GPS dove si trova lui stesso? Risponde il Dr. Chopo Ma del centro NASA Goddard Space Flight Center a Greenbelt: "Per far sì che il GPS possa funzionare è necessario conoscere con precisione la posizione orbitale (efemeridi) dei satelliti [facenti parte della costellazione del GPS]. Per sapere dove si trovano i satelliti è necessario conoscere molto bene l'orientazione della Terra".
Semplificando molto quello che occorre è un sistema di riferimento fisso e stabile, ossia oggetti nel cosmo così remoti che il loro moto non è rilevabile eppure così brillanti da poter essere individuati ed usati come "fari" (ovviamente non solo per i satelliti della flotta GPS).
Nella definizione cadono precisamente i quasar ed un loro primo elenco fu completato nel 1995, per l'appunto la prima versione di ICRF. Inizialmente composto da 600 oggetti siamo adesso alla versione due (ICRF2) che usa osservazioni di circa 6000 quasar.
Realizzare una mappa di questo genere non è semplice. L'enorme distanza degli oggetti da osservare li rende troppo deboli per essere localizzati accuratamente con i telescopi tradizionali (ottici, che sfruttano la luce visibile). Ci viene in aiuto la radioastronomia con i suoi radiotelescopi. Inoltre più grande è un telescopio (ottico o radio) e migliore è la sua capacità di risoluzione.
Se poi al posto di un solo radiotelescopio si usa una rete di radiotelescopi che eseguono la stessa osservazione, allora è come avere un unico grande radiotelescopio ampio tanto quanto è l'ampiezza della rete stessa.
Questo grazie alla tecnica di Interferometria di Lunghissima Base (VLBI, Very Long Baseline Interferometry), mediante la quale i dati di tutti i radiotelescopi - relativi alla stessa osservazione - vengono combinati tra loro producendo un'immagine VLBI dell'oggetto osservato con grandissima precisione.
Tornando all'iniziativa in corso, i 35 radiotelescopi utilizzati distribuiti in tutto il mondo (vedi immagine qui sotto) di fatto realizzano un mega-radiotelescopio grande quanto tutto il nostro pianeta! La precisione raggiunta nel determinare la posizione delle sorgenti radio è la migliore possibile (attualmente).
Per l'Italia sono due le stazioni coinvolte, a Matera (CGS VLBI Station) ed a Noto (radiotelescopio INAF-IRA).
tratto da: http://newsspazio.blogspot.com/
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